lunedì 7 maggio 2012

1939, anche Stalin voleva la guerra

Intervista di Fulvio Scaglione

Parla lo studioso russo Viktor Suvorov

“Nel secondo conflitto mondiale, prima che i tedeschi attaccassero a sorpresa, l’Urss si preparava ad invadere in forze la Germania”

tratto da: Avvenire, 19.7.2000.

Un raduno a Norimberga
sul Zeppelinfield
Uno scoppiettìo di cifre, date, nomi. Qualche risata a raffica, l’improvviso ripiegamento in un attimo di malinconia. Poco marziale nei modi, Vladimir Bogdanovic Rezun, classe 1947, che però paga con tutto il resto il debito alla sua storia di soldato. Figlio di un ufficiale dell’Armata Rossa (“Mio padre era di stanza in Estremo Oriente, ho visto le prime persone senza mostrine all’età di 7 anni. E a 11 anni le ho indossate io, le mostrine, entrando all’Accademia Suvorov e proseguendo gli studi bellici per 13 anni”), si è laureato alla Scuola militare superiore di Kiev, ha partecipato all’invasione della Cecoslovacchia (1968), nel 1970 è entrato nel Gru (servizi segreti dell’esercito), e nel 1978, come racconta lui, “ho detto «dozvidanija» a tutti, ho smesso di collaborare con quel regime criminale”. Nell’esilio lo ha seguito una condanna a morte dell’Urss, mai annullata dalla Russia, e la memoria degli studi: dal 1978 il suo nome è Viktor Suvorov, come il generale cui era intitolata la prima Accademia.

Suvorov è diventato autore di libri (di storia? Strategia militare? Politica? Difficile dirlo…) che sono best-seller in Russia e altrove, e che da settembre, pubblicati da Spirali (primo volume: «La rompighiaccio»), potranno far parlare di sé anche in Italia. E se ne parlerà, vista la tesi: all’inizio degli anni Quaranta Stalin si apprestava a invadere la Germania e fu preceduto solo di qualche settimana dall’attacco di Hitler. Attacco che non aveva speranze e infatti fallì, ma impedì a Stalin di realizzare il proprio obiettivo: assoggettare l’Europa occidentale. L’ennesima, spettacolare acrobazia revisionista?
“Qualcuno può anche non credermi, ed è una cosa davvero buffa. L’Occidente, nel dopoguerra, ha speso cifre colossali per difendersi da Khruscev e da Brezhnev. Secondo voi, questi due erano più astuti e aggressivi di Stalin? E se avevate paura di loro, pensate che cosa avrebbe potuto fare Stalin con la Germania impegnata a far la guerra a Francia e Gran Bretagna, gli Usa lontani, nessuna minaccia di ritorsione atomica…”.
Non sempre, però, l’occasione politica si trasforma in iniziativa concreta. Lei ha lavorato su documenti d’archivio?
Viktor SUVOROV: “Gli archivi militari di Russia sono chiusi agli studiosi. Fatto curioso, non le pare? Tutti i grandi protagonisti di quella guerra sono ormai scomparsi, di quei tank e di quei cannoni si è perso anche il ricordo: perché dunque gli archivi restano chiusi? E stiamo parlando della “grande guerra patriottica”, per i russi la guerra più giusta che si possa immaginare. Restano chiusi perché Stalin si apprestava ad approfittare della crisi dell’Europa”.
Quanto ai documenti?
Viktor SUVOROV: “Ho lavorato su materiali d’archivio, ma per scrivere i libri mi sono servito solo di fonti rintracciabili, aperte, dai giornali dell’epoca all’opera omnia di Stalin. Perché voglio essere come il bambino che grida “il re è nudo” e fa vedere agli altri ciò che pure avevano sotto gli occhi”.
Per esempio?
Viktor SUVOROV: “Il 22 giugno del 1941 Hitler invade l’Urss. Il giorno dopo, nella stazione Bjelorusskij di Mosca, si esibisce il Gruppo musicale Aleksandrov che canta una canzone per la guerra patriottica. Ho parlato con Aleksadrov, che mi ha raccontato quanto segue: nel febbraio del 1941 viene convocato da Stalin, che gli chiede di scrivere un inno alla guerra contro la Germania, quella appunto che veniva cantata il secondo giorno di guerra. Altro esempio, dai ricordi di un ex ufficiale dell’Armata Rossa. Nel 1940, il «Vojenkomat» (il commissariato bellico, centro di arruolamento e smistamento delle truppe) di Kiev riceve tre enormi pacchi sigillati, che restano lì fino al 1941. Hitler attacca e da Mosca arriva un ordine: bruciare i pacchi 1 e 2, aprire il pacco 3 e distribuire in tutte le sedi militari. Quel pacco conteneva «Rodina mat’ zaviot» (La madre patria chiama) di Erakl Taidze, il famoso manifesto con la donna dal braccio levato che invita alla difesa della patria. Manifesto preparato ben prima dell’invasione”.
D’accordo. Ma tutto questo non bastava per invadere l’Europa.
Viktor SUVOROV: “Al momento dell’attacco nazista, a Brest l’Urss aveva ammassato 800 locomotive, di quelle col passo ridotto europeo, quando da noi si usava il passo largo: perché? Lungo il confine occidentale i nostri generali avevano raccolto 25 mila vagoni di munizioni e viveri: perché? Tutti i nostri campi d’aviazione erano a ridosso del confine, i caccia decollavano e prendevano quota quasi a Varsavia: perché, se non in vista di un’offensiva? Basta confrontare i dati per capire che qualcosa non quadra nella versione “ufficiale”: il 23 agosto 1939, quando fu firmato il Patto Molotov-Von Ribbentrop, l’Urss aveva 98 divisioni di fanteria; il 22 giugno 1941, quando Hitler ruppe il Patto, ne aveva 196. E così via, 0 divisioni corazzate nel 1939 e 63 nel 1941; 1 divisione meccanizzata contro 29. Stalin lanciò la campagna di riarmo dopo aver fatto amicizia con Hitler. Il figlio di Stalin era artigliere nel Settimo corpo meccanizzato, e si lamentava della mancanza di carte geografiche con cui regolare il tiro. Eppure lungo il fronte occidentale erano stati distribuiti 8 milioni di carte: purtroppo erano carte della Polonia e della Germania, in vista di un’invasione, e non del territorio sovietico su cui a sorpresa l’Armata Rossa si trovava a combattere. Stalin era pronto alla guerra ma non a quella guerra”.
Se le cose stanno così, fu vittoria o sconfitta per l’Urss?
Viktor SUVOROV: “L’Urss fu aggredita di sorpresa, perse subito quasi tutti i quadri professionali dell’esercito, dei tre centri di produzione di carri armati Kharkov fu distrutta, Stalingrado chiusa in uno scontro feroce che fermò tutto, Leningrado bloccata dall’assedio. Eppure l’Armata Rossa arrivò fino a Berlino, a dimostrazione dell’enorme potenza di fuoco che Stalin aveva preparato. In questo senso, vinse. Ma perse rispetto all’obiettivo già delineato da Marx e da Lenin: battere i sistemi delle altre nazioni, imporre con la guerra la rivoluzione mondiale perché altrimenti il modello socialista sarebbe sempre stato in pericolo. Previsione, come si è visto, del tutto azzeccata”.
La pena capitale, che dai tempi sovietici pende sulla sua testa, non è mai stata ritirata. Che cosa pensa di fare?
Viktor SUVOROV: “Bisognerebbe presentare una domanda di grazia ma non ho intenzione di farlo. Io so di dover chiedere perdono ai miei connazionali per quello che ho fatto in passato. Ma questo regime deve farlo ancor più di me, per aver dato al popolo russo il record mondiale di detenuti, di alcolizzati, di figli non nati. Da loro non voglio nulla”.

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