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| Pile di cadaveri di civili in una piazza di Dresda. | 
C’è un monumento nella parte settentrionale di Dresda che ricorda le 
vittime del quadruplice bombardamento del 13-14 e 15 febbraio del ’45 su
 Dresda. Sulla lapide sono poste due domande: “Quanti morirono? Chi 
conosce il numero?”. Purtroppo il numero finale di morti non potrà mai 
essere definito con precisione: alcuni storici come David Irving 
(“Apocalisse a Dresda”, 1963) calcolano 135000 decessi ma altre 
ricostruzioni storiche arrivano a cifre apocalittiche: 200000 morti, più
 delle vittime di Hiroscima e Nagasaki messe assieme, molte di più dei 
pur violenti bombardamenti su Berlino, Amburgo e Tokio nel corso della 
seconda guerra mondiale.
Come mai un numero così impressionante di morti in una città che 
arrivava prima della guerra a 630000 abitanti? Ma soprattutto, quali 
ragioni militari e politiche spiegano la decisione di bombardare un 
gioiello architettonico privo di obiettivi strategici? Chi ha preso la 
decisione? Sono tutte domande alle quali studi recenti danno una 
risposta in gran parte soddisfacente, ma non priva di zone d’ombra.
La situazione a Dresda prima dei bombardamenti.
La vita prima dell’evacuazione in massa dei tedeschi orientali di fronte all’avanzata sovietica contava circa 630000 abitanti. Era una delle più belle città tedesche dell’epoca, edificata con spiccate forme architettoniche rococò già durante il XVIII secolo fino a diventare l’”Atene” e la “Firenze dell’Elba”. Di fronte all’impressionante avanzata nell’est europeo dell’Armata Rossa moltissimi tedeschi fuggirono inorriditi dalle loro case, anche a causa delle violenze che i russi infliggevano ai civili che si rifiutavano di evacuare la zona da loro abitata.E’ evidente nei russi il desiderio di vendicare la distruzione del loro territorio ad opera delle Wehrmacht e contemporaneamente le tante sofferenze patite dai civili russi: fucilazioni di massa, stupri, incendi di interi villaggi, deportazione degli uomini nei lager, ecc.
La situazione a Dresda prima dei bombardamenti.
La vita prima dell’evacuazione in massa dei tedeschi orientali di fronte all’avanzata sovietica contava circa 630000 abitanti. Era una delle più belle città tedesche dell’epoca, edificata con spiccate forme architettoniche rococò già durante il XVIII secolo fino a diventare l’”Atene” e la “Firenze dell’Elba”. Di fronte all’impressionante avanzata nell’est europeo dell’Armata Rossa moltissimi tedeschi fuggirono inorriditi dalle loro case, anche a causa delle violenze che i russi infliggevano ai civili che si rifiutavano di evacuare la zona da loro abitata.E’ evidente nei russi il desiderio di vendicare la distruzione del loro territorio ad opera delle Wehrmacht e contemporaneamente le tante sofferenze patite dai civili russi: fucilazioni di massa, stupri, incendi di interi villaggi, deportazione degli uomini nei lager, ecc.
L’affluenza dei profughi verso Dresda aumentò quando i russi furono 
molto vicini al confine con la Germania. Ben 5 milioni di tedeschi 
abbandonarono la propria casa tra il gennaio e il febbraio ’45. In quel 
momento sembrò che tutta la Germania orientale fosse perduta (Prussia e 
Slesia) e il centro più sicuro fosse Dresda in Sassonia. In pochi mesi 
la popolazione a Dresda oscillò tra 1200000 e 1400000 unità. Da parte 
delle autorità tedesche e dei civili c’era l’illusione che Dresda non 
sarebbe mai stata attaccata dal cielo a causa della quasi totale 
mancanza di industrie che lavorassero per la guerra. Anche le bellezze 
architettoniche e i tesori artistici sembravano fare di Dresda una 
realtà estranea alla guerra. Nei mesi precedenti c’era stato solo un 
debole tentativo di distruggere l’area industriale della città (7 
ottobre ‘44). L’incursione aerea provocò 438 morti. Un’altra incursione 
aerea (16 gennaio ’45) aveva causato 376 vittime.
Tutto questo spiega la totale mancanza della contraerea e di 
strutture di rifugio per i civili in caso di attacco dal cielo. Ma il 13
 febbraio alle ore 22 e 19 si scatenò l’inferno nonostante in alcuni 
campi intorno alla città vi fossero circa 26000 prigionieri di guerra di
 diverse nazionalità, tra cui molti inglesi. Aveva così inizio 
l’operazione “thunderclap” (Colpo di tuono) con l’obiettivo della 
“tempesta di fuoco” sulla città, ossia il bombardamento con finalità 
terroristiche, voluto soprattutto da Churchill.
Il quadruplice attacco.
Il primo attacco, il 13 febbraio, durò dalle 22 e 9 fino alle 22 e 35 e sulla città furono sganciate circa 3000 bombe dirompenti e 400000 incendiarie. Molte dirompenti pesavano tra i 1800 e i 3600 chilogrammi. L’incursione della RAF colse di sorpresa abitanti e autorità. Nel sottosuolo erano state costruite molte gallerie ma queste strutture erano del tutto inadeguate di fronte alle incendiarie le quali appiccavano rovinosi incendi che penetravano facilmente nei rifugi antiaerei non dotati di ventilazione. I singoli rifugi erano divisi da pareti che all’occorrenza erano facilmente abbattibili, tutto questo facilitò il propagarsi dei gas caldi uccidendo migliaia di persone asserragliate nei rifugi.
Il primo attacco, il 13 febbraio, durò dalle 22 e 9 fino alle 22 e 35 e sulla città furono sganciate circa 3000 bombe dirompenti e 400000 incendiarie. Molte dirompenti pesavano tra i 1800 e i 3600 chilogrammi. L’incursione della RAF colse di sorpresa abitanti e autorità. Nel sottosuolo erano state costruite molte gallerie ma queste strutture erano del tutto inadeguate di fronte alle incendiarie le quali appiccavano rovinosi incendi che penetravano facilmente nei rifugi antiaerei non dotati di ventilazione. I singoli rifugi erano divisi da pareti che all’occorrenza erano facilmente abbattibili, tutto questo facilitò il propagarsi dei gas caldi uccidendo migliaia di persone asserragliate nei rifugi.
Durante il secondo attacco, il 14 febbraio, dall’1 e 22 all’1 e 54 , 
su una città già violentemente colpita, furono sganciate circa 4500 
dirompenti e 170000 incendiarie. Nelle due operazioni vennero utilizzati
 1400 bombardieri con 6000 aviatori. L’intervallo di 3 ore doveva 
servire per colpire anche le strutture antincendio e di “protezione 
civile” che nel frattempo sarebbero affluite a Dresda. 
Contemporaneamente sarebbe stato possibile sorprendere la popolazione 
fuori dai rifugi.
Ormai è chiaro qual era l’obiettivo: infliggere danni gravissimi alla
 città colpendo la parte più debole ma anche estranea alla guerra: gli 
abitanti e i profughi dell’Est privi di protezione da parte delle 
autorità militari tedesche. Al termine del secondo attacco la città era 
un gigantesco incendio visibile nel buio della notte a centinaia di 
chilometri di distanza. Il denso fumo nero che si alzava era causato 
dalle strutture delle abitazioni che ardevano ma anche dalla combustione
 di migliaia di corpi di civili.
Il terzo attacco, sempre il 14 febbraio, però questa volta in pieno 
giorno, riversò su Dresda 1500 dirompenti e 50000 incendiarie. Furono 
impiegate 1350 fortezze volanti e Liberatores 14 ore dopo il primo 
attacco. Il quarto attacco su una città che continuava ad ardere avvenne
 il 15 febbraio, durò circa 40 minuti in pieno giorno, e riversò sulla 
città 900 dirompenti e 50000 incendiarie. Gli ultimi due attacchi furono
 condotti dall’aviazione americana.
L’obiettivo erano ancora i civili, infatti furono utilizzate ancora 
le incendiarie e soprattutto i terribili “Mosquito” i quali 
mitragliavano, passando appena sopra i tetti delle case, tutto ciò che 
si muoveva. Così i civili che miracolosamente erano sopravvissuti furono
 mitragliati dai piloti americani vicino al fiume e nei parchi cittadini
 dove l’entità delle distruzioni era minore. L’ultimo attacco ci fu il 2
 marzo quandi più di 1200 bombardieri finirono di distruggere il poco 
che ancora era rimasto in piedi nella città. Anche questa volta lo scalo
 ferroviario non fu colpito.
Perché questa orrenda carneficina?
E’ necessario, come sempre quando si analizzano fatti storici, distinguere le ragioni addotte dagli aggressori e le probabili cause dello stesso avvenimento evidenziate dagli storici. Per inglesi e americani Dresda era una città di particolare importanza strategica a livello militare (passaggio di truppe dirette ad Est), industriale (molte fabbriche lavoravano per la guerra) e come snodo ferroviario della Germania centro-orientale. In più gli anglo-americani sostenevano che a Yalta i russi avevano chiesto incursioni aeree alleate sulle città tedesche per facilitare l’avanzata dell’Armata Rossa.
E’ necessario, come sempre quando si analizzano fatti storici, distinguere le ragioni addotte dagli aggressori e le probabili cause dello stesso avvenimento evidenziate dagli storici. Per inglesi e americani Dresda era una città di particolare importanza strategica a livello militare (passaggio di truppe dirette ad Est), industriale (molte fabbriche lavoravano per la guerra) e come snodo ferroviario della Germania centro-orientale. In più gli anglo-americani sostenevano che a Yalta i russi avevano chiesto incursioni aeree alleate sulle città tedesche per facilitare l’avanzata dell’Armata Rossa.
Le prime due ragioni erano assolutamente fuori luogo (era impensabile
 che le truppe tedesche passassero proprio nel centro della città). 
L’ultima affermazione fu smentita dai russi dopo la guerra. Solo la 
terza aveva qualche validità. Ma allora perché usare prevalentemente le 
incendiarie se l’obiettivo era anche il sistema ferroviario di Dresda? 
Secondo i sopravvissuti al quadruplice attacco i danni che le strutture 
ferroviarie di Dresda riportarono erano minimi. Solo 3 giorni dopo fu 
possibile far circolare di nuovo i treni. Invece nella stazione centrale
 erano stati trovati migliaia di corpi privi di vita a causa delle 
altissime temperature (fino a 1000 gradi) e dei gas venefici respirati. 
Non fu neanche attaccato l’aereoporto civile e militare di 
Dresda-Klotrch nonostante il sovraffollamento di velivoli. Anche l’area 
industriale fu poco danneggiata.
Quali sono allora le cause?
Secondo Irving, Dresda potrebbe essere definito il primo episodio della “Guerra fredda” piuttosto che un evento traumatico dei mesi che precedono la fine della II guerra mondiale. Infatti le truppe russe fin dal ’44 avanzavano velocemente e senza ostacoli dispiegando una potenza bellica quasi illimitata in fatto di uomini arruolati. Invece le operazioni anglo-americane nel continente sembravano immobili: il fronte italiano era bloccato lungo l’Appennino tosco-marchigiano e l’avanzata dopo lo sbarco in Normandia procedeva con relativa lentezza. A questo punto il disastroso bombardamento di Dresda serviva anche per mostrare ai russi, i quali avevano ormai occupato gran parte dell’Est europeo, di quale potenza di fuoco disponessero gli alleati.
Secondo Irving, Dresda potrebbe essere definito il primo episodio della “Guerra fredda” piuttosto che un evento traumatico dei mesi che precedono la fine della II guerra mondiale. Infatti le truppe russe fin dal ’44 avanzavano velocemente e senza ostacoli dispiegando una potenza bellica quasi illimitata in fatto di uomini arruolati. Invece le operazioni anglo-americane nel continente sembravano immobili: il fronte italiano era bloccato lungo l’Appennino tosco-marchigiano e l’avanzata dopo lo sbarco in Normandia procedeva con relativa lentezza. A questo punto il disastroso bombardamento di Dresda serviva anche per mostrare ai russi, i quali avevano ormai occupato gran parte dell’Est europeo, di quale potenza di fuoco disponessero gli alleati.
La conferenza di Yalta (4 – 11 febbraio ’45) si era appena conclusa 
in Crimea e i tre grandi: Roosvelt, Churchill e Stalin avevano diviso 
l’Europa e il mondo in due grandi aree di influenza politico-economico e
 militare. Il bombardamento di Dresda doveva servire ai russi per capire
 che lo stesso trattamento poteva essere riservato a loro se i patti di 
Yalta nono fossero stati rispettati. Nelle sue memorie di guerra sembra 
che Churchill sia stato incapace di qualsiasi minima emozione al ricordo
 dell’attacco a Dresda. Ha scritto: “Lo scorso mese abbiamo effettuato 
un pesante raid su Dresda, allora un centro di comunicazione del fronte 
orientale tedesco”.
Probabilmente la stessa logica è alla base del duplice bombardamento 
atomico di Hiroscima e Nagasaki voluto da Truman: non tanto per dare la 
spallata definitiva ad un Giappone ormai agonizzante, quanto per 
mostrare ai russi quali terribile arma avessero gli americani da far 
valere nel quadro dei rapporti di forza a livello internazionale. 
Un’altra causa plausibile per spiegare l’attacco su Dresda riguardava la
 saldezza del fronte interno tedesco e la necessità di minarne le basi 
con azioni terroristiche in grande stile. A questo proposito i 
bombardamenti convenzionali sulla Germania non bastavano più, erano 
necessarie altre armi terribili come le bombe incendiarie per 
carbonizzare e terrorizzare migliaia di innocenti. Ma come spiega 
Irving, nel saggio citato, dopo Dresda non ci furono più altre azioni 
simili e così il fronte interno tedesco resse fino al suicidio di Hitler
 e alla cessazione delle ostilità l’8 maggio ’45. I russi arrivarono a 
Dresda appunto l’8 maggio: il tremendo bombardamento non era servito a 
“liberare” Dresda neppure un giorno prima della fine della guerra.
Se gli obiettivi politico-militari del quadruplice attacco furono un 
fallimento, il risultato fu un’immane catastrofe per una splendida città
 e per migliaia di contadini annientati e di bambini bruciati vivi per 
l’intenso calore, carbonizzati, diventati cenere e asfissiati dal 
monossido di carbonio e dal fumo. Più di 240 chilometri quadrati della 
città furono divorati in una solo notte e la città bruciò per 7 giorni e
 7 notti.
Chi scrive è convinto che la tragedia di Dresda è ancora oggi poco 
conosciuta al di fuori della Germania. Forse è il destino della storia 
che esalta i vincitori, nascondendo gli orrori da essi provocati, e 
denigra eccessivamente i perdenti, misconoscendo come in questo caso le 
orribili sofferenze patite dai civili inermi.
 
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